Paola Olivero

Una vita dedicata alla danza

Non sempre i desideri dei bambini sono assecondati dai genitori e si riescono a realizzare, ma nel mio caso posso dire che il sogno di intraprendere una carriera artistica è stato esaudito.

Sara Acquarone era un’insegnante e coreografa già molto affermata; estremamente colta e preparata, sapeva trasmettere il suo lavoro in modo carismatico: il suo modo di insegnare e di correggere era molto diretto e severo, i suoi occhi azzurri pungevano come degli spilli quando le cose non andavano bene; la mia indole timida ed insicura ne soffriva, ma il suo insegnamento non rappresentò per me solo una grande preparazione artistica ma anche e soprattutto  una lezione di vita e rafforzamento del mio carattere.

Con Lei  studiai danza classica superando con il massimo dei voti tutti gli esami della Royal Academy of Dance di Londra, di cui lei era organizzatrice in Italia e “life member”.

Nella sua scuola studiai anche danza contemporanea ed entrai nel “Gruppo di danza di Torino”, da Lei diretto, che destò molto interesse e scalpore all’epoca per quei balletti all’avanguardia che precorrevano i tempi su musiche elettroniche. Balletti proposti non solo in Italia ma anche a Parigi al Teatro “d’essai de la dance” dove fece scandalo il famoso “Arcano”, per quella parte di pubblico in disaccordo verso “quell’eccessivo modernismo”, mentre una parte di esso si abbandonava ad applausi  calorosi,  richiamando il nostro gruppo alla ribalta per ben 10 volte.

La prima svolta importante della mia vita fu nel 1962 quando una nota insegnante esaminatrice inglese “Luise Brown” mi notò durante una lezione e mi consigliò di tentare l’audizione per un corso di perfezionamento presso la Royal Ballet School di Londra.
Seguii il suo consiglio: fui accettata nella prestigiosa scuola inglese, unica italiana ammessa in quell’anno. Così in quel settembre mi ritrovai sul treno per intraprendere quel lungo viaggio verso Londra, con al mio seguito un grosso baule verde ricolmo di tutte le mie cose e che da allora mi avrebbe sempre accompagnato nei miei spostamenti nel corso della mia carriera. Quello stesso baule è ora esposto nella mia scuola di danza “L’Arabesque” di Biella a  ricordo e testimonianza dei miei “vecchi” tempi.

L’impatto con Londra, il nuovo ambiente non fu facile all’inizio: lontana da tutti i miei cari, la difficoltà della lingua ancora poco conosciuta, la competitività con le compagne di corso, la severità degli insegnanti, la stanchezza per il duro e impegnativo lavoro resero molto difficile il mio inserimento. Vivevo in una casa-famiglia dalla quale ogni mattina partivo molto presto per prendere ben tre differenti linee della  metropolitana e raggiungere “Kew Gardens”, sede della Royal Ballet Upper School”; qui trascorrevo tutta la mia giornata tra lezioni di danza classica, repertorio, punte, danza di carattere, passo a due, lezioni di make-up da scena, Benesh Notation (imparare a scrivere la danza come la musica), storia del balletto. Il mio corso si denominava “Advanced Overseas”, la mia principale insegnante era Barbara Fewster: molto brava ma anche molto esigente e severa; nel mio stesso corso c’era anche Margaret Barbieri (diventata in seguito prima ballerina del Royal Ballet) con la quale avevo stretto una calorosa amicizia essendo i suoi genitori di origini italiane.
In quel periodo fui anche scelta per danzare alla Royal Opera House Coven Garden con la compagnia dei balletti d’opera in Aida, Traviata e Rigoletto e alla fine dell’ anno partecipai con tutta la scuola al balletto “La bella addormentata”, insieme ad artisti “ospiti” di fama internazionale: danzare in uno dei teatri più importanti del mondo fu un’esperienza indimenticabile.

Dopo l’importante esperienza londinese ritornai in Italia e feci l’audizione presso la scuola del Teatro Alla Scala di Milano, dove fui accettata ed inserita nell’ottavo anno sotto la direzione di Esmèe Bulnes. Anche qui non fu facile l’inserimento; le mie compagne di corso non vedevano di buon occhio una nuova potenziale concorrente: in occasione del concorso per l’assunzione al corpo di ballo della Scala ricordo ancora la simpatica frase di una mia collega: “…se ti prendono in compagnia, ti facciamo sbattere fuori dal sovrintendente del Teatro…”.

Essendo l’ultima arrivata non potevo difendermi molto e subivo in silenzio; questo è il lato meno roseo del mondo professionale: competizione spietata, slealtà, cattiveria, raccomandazioni. Inizialmente soffrivo molto per tutte queste ingiustizie, ma pian piano riuscii a costruirmi una corazza solida e imparai a lasciar scivolare via le cose più spiacevoli perché io amavo la danza e quanto di buono mi era stato insegnato; iniziai anche a guardarmi attorno e a valutare altre possibilità e opportunità di lavoro.

Ugo Dell’Ara cercava danzatori per la stagione di balletto al Teatro Massimo di Palermo; feci l’audizione e fui subito presa in compagnia lasciando la scuola della Scala dove avrei dovuto partecipare come solista al saggio di fine anno nel passo a tre del “Lago dei Cigni”.
Credo proprio che la Sig.ra Bulnes non fosse troppo contenta di questa mia decisione, ma così andarono le cose. Iniziai dunque a lavorare professionalmente ricoprendo anche ruoli solistici. In quei tempi si lavorava a contratto: feci parecchie stagioni al Teatro Massimo di Palermo, all’Arena di Verona, al Teatro Regio di Torino, al Teatro Regio di Parma, con il Balletto di Roma, al Teatro Verdi di Trieste. Nel ’68 al Teatro Comunale di Firenze “XX Maggio Musicale Fiorentino” partecipai al famoso e storico “Ballo Excelsior” di Manzotti, ricostruito coreograficamente da Ugo Dell’Ara su musiche di Luigi Marengo, con interpreti principali Carla Fracci, Ludmilla Tcherina e Attilio Labis. Fu un clamoroso successo che replicammo l’anno successivo al Teatro Massimo di Palermo.

Feci così importanti tournèe all’estero: Parigi, Canada, e tre mesi negli Stati Uniti d’America con “Festa Italiana”, un grande spettacolo del noto coreografo Gino Landi, che ricostruì e portò oltreoceano le danze folcloristiche e tradizionali delle varie regioni d’Italia.

La morte di mio padre nel 1971 cambiò drasticamente la mia vita. Da tempo avevo preso in considerazione l’idea di interrompere il mio lavoro, che mi portava sempre lontano da casa e che ultimamente non mi appagava più come desideravo,  sia sotto l’aspetto economico che artistico; in questa triste occasione presi la grande decisione di lasciare la danza.
Nel periodo successivo,  in cui assistetti mio padre all’ospedale di Biella conobbi Gigi, che sarebbe poi divenuto mio marito nel giro di poco tempo. La scomparsa improvvisa di mio padre lasciò me e la mia famiglia nel dolore e anche in una difficile situazione economica da affrontare.

Era intanto nato mio figlio Paolo e la necessità di trovare un altro lavoro divenne prioritaria. Lavorai per un certo periodo presso una società di assicurazioni; il lavoro di contabilità a tavolino, così diverso da quello che avevo fatto per tanti anni non mi era sicuramente congeniale. Dopo quasi 2 anni decisi che non potevo buttare al vento l’esperienza di una vita di lavoro in teatro; mi licenziai e su consiglio di un amico (Maurizio Scaramuzzi) che gestiva allora una palestra in Biella, tentai di avviare dei corsi di danza. Iniziai con 2 allieve che ben presto divennero una decina e oltre. In questo modo pian piano iniziai il mio cammino sulla strada dell’ insegnamento.

Naturalmente i primi tempi non furono facili: c’era in Biella un’altra scuola di danza molto conosciuta che tentò in tutti i modi di mettermi i bastoni tra le ruote, ma con tenacia e determinazione riuscii a portare avanti il mio progetto sorvolando le molteplici difficoltà che incontravo ogni giorno sul mio cammino; la mia attività doveva avere tutte le carte in regola per potersi sviluppare adeguatamente e professionalmente. Così mi recai a Roma all’Accademia Nazionale di danza dove mi fu rilasciata l’abilitazione all’insegnamento,  riconosciuta dal Ministero della Pubblica Istruzione.

Naque così la scuola di danza “L’Arabesque” e la prima sede a Biella fu in piazza Vittorio Veneto 16, dove insegnai per 25 anni. La sede disponeva di un’unica grande sala studi; ingresso, spogliatoi, bagno e segreteria erano molto piccoli, ma ciò nonostante la scuola ottenne il  riconoscimento di presa d’atto Ministeriale  e in quella sede si formarono ballerine che ora sono professioniste in importanti compagnie di danza internazionali.

Naturalmente attraverso gli anni e l’esperienza la mia scuola crebbe sia sotto l’aspetto tecnico-artistico che numerico aumentarono le differenti  tipologie di corsi; da qui la decisione di trasferire la sede nei nuovi ampi locali di via Candelo 41, dove avrei potuto sviluppare il lavoro in  più sale e con orari più flessibili.
Fu questo un passo molto importante e sicuramente molto positivo del quale non mi sarei pentita in futuro.
Attualmente nella nuova scuola insegno danza classica ai corsi più avanzati, coadiuvata da alcuni miei ex allievi insegnanti abilitati per i corsi dei più giovani.
Cosa sarà del mio futuro?
Nessuno lo può dire, ma finché ne avrò la capacità e la forza fisica cercherò di continuare a trasmettere la passione, la tecnica, la professionalità di questa disciplina,  nella speranza che nel tempo e alle future generazioni rimanga una scintilla del tanto amore che ho donato a quest’arte meravigliosa.